La collezione di bronzetti e placchette rinascimentali proviene dalla raccolta del conte Florio Miari, giunta al Museo Civico tramite la donazione del figlio Carlo nel 1872. Pur essendo una testimonianza significativa del collezionismo bellunese, conserva pezzi che sono, più in generale, rappresentativi della produzione italiana a cavallo tra Quattro e Cinquecento.
Placchette, bronzetti e medaglie della collezione Florio Miari
Nell'Italia del XV secolo un rinato interesse per l'antichità favorì il sorgere di una nuova erudizione, informata dai valori dell’umanesimo e caratterizzata da un'inedita comprensione del valore artistico dei manufatti antichi. Lo scrittoio o studiolo, una piccola stanza privata riservata alla raccolta di libri e di oggetti d'arte, divenne comune nei palazzi dell'aristocrazia e della ricca borghesia. Entro tali ambienti principi e letterati si ritiravano per studiare e riflettere sull'arte antica e su quella del loro tempo.
Tra gli oggetti da studio ed esposizione particolare fortuna riscossero bronzetti e placchette. Con il termine placchetta s'intendono piccoli rilievi, generalmente in bronzo, decorati su di una faccia sola, realizzati per trasmettere un modello da replicare (un’opera di glittica, una gemma, un cammeo) o talvolta ispirati da celebri precedenti. E questo il caso, ad esempio, dei disegni di Michelangelo impiegati da Giovanni Bernardi (1494-1553), di cui rimane testimonianza in un esemplare qui esposto con la Caduta di Fetonte.
La collezione annovera alcuni esemplari di placchette eseguite da molti dei migliori artisti versati nell’intaglio e nella fusione in bronzo. Una raffigurante la Madonna col Bambino è attribuita alla bottega di Donatello, che a Padova lavorò dal 1443 al 1453 lasciando traccia duratura del suo passaggio. Ma sono altresì rappresentate le creazioni dell’orafo vicentino Valerio Belli (1468-1546), di Galeazzo Mondella (1467-1528) detto il Moderno e di Andrea Briosco (1470-1532) detto il Riccio, attivo anche con lo pseudonimo di Ulocrino (gioco onomastico che significa “capello riccio”), che alcuni studiosi identificano invece con la sua bottega. Egli operò soprattutto a Padova, dove produsse una grande quantità di sculture in bronzo di piccole dimensioni di soggetto classicheggiante, secondo la moda del momento.
Proprio tra i bronzetti, oggetti prediletti del collezionismo rinascimentale, pensati per essere toccati e rigirati fra le mani, si ricordano un gruppo di Adamo ed Eva, riferito a Nicolò Roccatagliata (1570 ca.-post 1636), e un pezzo unico, rappresentante un Diavolo, ascrivibile all’ambito di Agostino Zoppo (1520-1565).
Nel ristretto ambito letterario umanistico e rinascimentale si afferma anche il genere della medaglia che, per le ridotte dimensioni e la trasportabilità, la possibilità di unire parole e immagini, era naturalmente votata a garantire la durevolezza della fama presso una cerchia colta. In tale ambito un ruolo fondamentale venne svolto da Pisanello, vero creatore del genere, che rese canonico il ritratto rinascimentale di profilo, di cui esempio ben rappresentativo è quello dell’umanista e pedagogo Vittorino da Feltre. A quei modelli si rifanno ancora le medaglie più tarde di alcune degli eruditi più famosi del loro tempo, entrambi originari del bellunese e attivi però presso le corti rinascimentali più importanti d’Italia: Urbano Dalle Fosse (detto Bolzanio), precettore di Giovanni de’ Medici a Firenze, futuro Leone X, e il nipote Pierio Valeriano, autore nel 1556 di un volume intitolato Hieroglyphica, in cui i geroglifici vennero interpretati come parte di una lingua sapienzale.
Il nucleo della raccolta di Florio Miari comprende almeno 400 pezzi tra medaglie antiche, consolari in argento, consolari in bronzo, imperatorie in oro, imperatorie in argento, imperatorie in bronzo, in parte rimescolate con monete acquisite in seguito.
A questo nucleo si aggiunse negli anni Settanta dello scorso secolo l’importante lascito del dott. Alessandro Da Borso, i cui esemplari sono privi di qualsiasi indicazione di provenienza. Incrementano le due collezioni i reperti monetali provenienti da varie località della Provincia e documentanti i ritrovamenti più significativi del territorio, come le dracme venetiche rinvenute nel 1878 durante gli scavi alla necropoli di Cavarzano, riconosciute grazie alla presenza di un disegno su cartoncino di Osvaldo Monti.