Palazzo Fulcis De Bertoldi è il più importante edificio settecentesco di Belluno e, a seguito di un restauro iniziato nel 2012, è ora la nuova sede delle collezioni storico artistiche dei Musei Civici di Belluno.
La storia di Palazzo Fulcis
La facciata di Palazzo Fulcis prima del restauro
Il palazzo ebbe il suo momento di massima trasformazione nel 1776 quando, in occasione delle nozze di Guglielmo Fulcis con la contessa trentina Francesca Migazzi De Vaal, l’architetto Valentino Alpago-Novello ne realizzò l’elegante facciata su via Roma, ne creò i due monumentali portali d’accesso, lo dotò di un imponente scalone e di una grandiosa sala d’onore, qualificando in vario modo gli spazi interni, con decorazioni a stucco e straordinari pavimenti in seminato a motivi rococò.
Tuttavia la storia dell’edificio prende le mosse in tempi assai più antichi e vide protagonista senza dubbio una delle famiglie più in vista della città, presente a Belluno sin dal Trecento ed iscritta al Consiglio dei Nobili a partire dal 1512. A partire dal Cinquecento la famiglia è attestata risiedere nella zona prospiciente Porta Dojona, ma una prima ristrutturazione significativa con importanti interventi decorativi si avrà verosimilmente soprattutto a partire dal principio del Settecento, in occasione dell’ottenimento del titolo di Cavaliere dell’ordine di Malta da parte del giovane Pietro Fulcis nel 1702. Ecco spiegata la presenza costante, più volte ripetuta nella decorazione del palazzo, della Croce di Malta e particolarmente insistita nelle decorazioni realizzate ad inizio secolo.
In particolare la decorazione dell’ambiente destinato ad alcova, rimanda evidentemente all’occasione di questo importante riconoscimento, con la presenza, sia nella decorazione a stucco, sia in quella pittorica a soffitto, della croce di Malta che si sovrappone all’aquila dello stemma familiare. La dimensione dell’ambiente, tutto sommato contenuta, ha suggerito ad alcuni che l’alcova preceda un uso matrimoniale e che sia stata concepita prima che Pietro Fulcis si sposasse. In tale direzione vanno anche l’elmo e gli altri riferimenti militari, e ben poco amorosi, presenti nella decorazione.
È probabile che la stanza sia stata sistemata non troppo lontano dalla decorazione del così detto Camerino d’Ercole in cui furono collocate le tele di Sebastiano Ricci e, come in quel caso, con la collaborazione di uno stuccatore veneziano vicino a Bortolo Cabianca.
Come detto, a un momento successivo e per esattezza al 1776 spettano anche i delicati decori a stucco del piano nobile, e l’eccezionale salone a doppia altezza, caratteristica tipica di una villa più che di un palazzo di città, affrescato da uno dei più popolari maestri della seconda metà del Settecento: Costantino Cedini.
Al centro sul soffitto, l’allegoria del Valore incoronato da Virtù, alla presenza delle Tre Virtù Teologali, Mercurio, Marte ed Ercole, mentre ai lati sono le allegoria del Merito, la Fortuna, la Guerra. Sono purtroppo perdute le tele, verosimilmente dello stesso Cedini, che decoravano la parte bassa delle pareti e di cui si conserva ancora l’incorniciatura a stucco.
Sono state ricollocate nel salone le tre consolles barocche che appartengono agli arredi originali del palazzo. In legno di bosso intagliato e dorato, verosimilmente della prima metà del secolo, e frutto di maestranze bellunesi, in passato sono state avvicinate all’arte di Andrea Brustolon, ma vanno verosimilmente collocate nell’ambito della grande tradizione locale dell’intaglio.
Secondo una stratificazione tipica dei palazzi e delle residenze storiche italiane, le ristrutturazioni e gli interventi decorativi nel palazzo non cessarono nel corso del Settecento proseguirono per tutto il secolo successivo. Ad esempio, le due stanze attigue all'alcova del primo piano sono state oggetto di una trasformazione: l'una, con l'unione di due ambienti differenti, trasformata in cucina, come ancora oggi attesta la presenza di un acquaio in pietra; l'altra decorata alle pareti con affreschi di gusto neorococò, secondo un ecclettismo di stampo chiaramente ottocentesco e probabilmente da ricondurre a Giuseppe Sommavilla nel 1859, nati con la volontà di accordarsi ai delicati motivi in stucco del soffitto e al pavimento caratterizzato da un motivo racaille, asimmetrico, con volute, conchiglie e elementi a C tipici della migliore decorazione settecentesca.
Altre modificazioni, in particolar modo le stanze del secondo piano, risalgono al principio dell’Ottocento, forse in coincidenza con la presenza di ospiti prestigiosi quali Eugenio de Beauharnais, e poi dell’imperatrice Maria Luigia nel 1818. A questi anni potrebbero risalire le eleganti modanature e motivi in stucco di tre ambienti del secondo piano affacciati su Via Roma, caratterizzati anche da semplici specchiature colorate a parete. Nel 1882 il palazzo venne acquisito da Gaetano de Bertoldi.
Tra 1982 e 1988 infine il Comune di Belluno acquisì l’edificio e incominciò un lungo lavoro di studio per il recupero conservativo l’auspicata trasformazione dell’edificio a nuova sede museale delle raccolte civiche. Nel 2002 il Comune cedette l’immobile a Fondazione Cariverona, la quale si è meritoriamente impegnata a restaurare a proprie spese l’edificio e ad affidarlo tramite comodato alla città affinché ne faccia sede del nuovo Museo Civico.
I lavori di restauro, alla cui fase progettuale si diede avvio nel 2009, hanno anche richiesto degli scavi nel cortile che hanno portato soprattutto alla scoperta eccezionale di una necropoli longobarda risalente al periodo compreso tra fine del VI secolo e l'inizio del VII, ritrovamenti che permettono di riscrivere la storia alto medievale della città.