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Sala degli Spadai

La sala si articola in otto vetrine dove sono esposte, seguendo criteri tipologici e cronologici, diverse armi bianche allo scopo di illustrare la produzione degli spadai nel territorio compreso tra la Valbelluna e la Pedemontana veneta, vero e proprio distretto proto industriale.

Il nucleo principale è costituito da 28 manufatti, tra spade, armi in asta, un fodero e una targa, che provengono dal Museo Correr di Venezia, e sono parte dell’ingente collezione formata da Teodoro Correr tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX e donata alla città di Venezia alla sua morte, nel 1830. Erede diretto di una delle più antiche e importanti famiglie nobili veneziane, Correr dedicò la sua vita alla raccolta di dipinti, sculture, gioielli, ceramiche e anche armi provenienti principalmente dalle dimore del patriziato veneto, come testimoniano alcuni stemmi incisi sui pezzi esposti in sala. A questo gruppo si aggiungono alcuni reperti che sottolineano ulteriormente l’importanza di questa manifattura per la storia del territorio.

La sala è stata realizzata nell’ambito del progetto KLANG – Spade di Leoni e aquile, finanziato dal Programma Interreg VA Italia-Austria 2014-2020, che mira alla valorizzazione del patrimonio tangibile ed intangibile dell’area dei partner di progetto - provincia di Belluno, comune di Maniago e Tirolo - legato alla produzione di spade.
 

L’antica arte degli spadai

A partire dalla seconda metà del XIV secolo, nel territorio compreso tra Belluno, Feltre, Santa Giustina, Fonzaso, Ceneda e Serravalle (attuale Vittorio Veneto) e Sacile, fiorì una produzione di armi bianche che raggiunse il suo massimo sviluppo tra XVI e XVII secolo. Le lame realizzate da maestri spadai come Andrea e Zandonà Ferrara o Pietro da Formegan furono prodotti apprezzati e ricercati non solo in Europa, ma anche nei Balcani, in Medio Oriente, in Nord Africa, e persino in India.
Oltre alla presenza sul territorio delle risorse necessarie al processo produttivo (miniere di ferro e boschi in particolare), contribuirono allo sviluppo dell’ars spatarie anche le importanti vie di comunicazione, quali il Piave e la Strada d’Alemagna, che collegavano il territorio con la pianura veneta da un lato e con l’area germanica dall’altro.
Dai giacimenti minerari, e in particolare da quelli del Fursìl (Colle Santa Lucia), si estraeva il minerale, trasformato poi in acciaio tramite i forni fusori situati nel Cadore, nell’Agordino e nello Zoldano, e quindi utilizzato nelle fucine da spade. In questi edifici i maestri spadai, utilizzando anche macchinari idraulici, sottoponevano l’acciaio alle lavorazioni di forgiatura, tempra e molatura, grazie alle quali producevano le lame di armi bianche.
Questo processo richiedeva maestranze altamente qualificate, come quelle presenti nell’area, che con abilità imprenditoriale portarono i loro prodotti ad essere commerciati ben oltre i confini della Repubblica di Venezia.
Per poter certificare la qualità nonché la provenienza delle lame, gli spadai ricorsero all’utilizzo di marchi, che a volte riportano il loro nome, un simbolo legato alla loro famiglia o il nome del luogo di produzione. Grazie a questi punzoni è stato possibile identificare, come provenienti dalla Valbelluna e dalla Pedemontana veneto-friulana, armi oggi conservate nei musei di tutto il mondo, in origine destinate a figurare al fianco di nobiluomini e monarchi o a rifornire gli eserciti degli stati europei.

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Pubblicato il: Mercoledì, 29 Settembre 2021
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