Dal 30 novembre 2017 all'8 aprile 2018
Andrea Brustolon, La donazione Pagani-Cesa
Una nuova importante opera per i Musei Civici di Belluno e Palazzo Fulcis. La signora Gabriella Pagani-Cesa, in memoria di suo padre Andrea, ha donato alla città il Crocifisso ligneo di Brustolon, da sempre appartenuto alla famiglia bellunese. Si tratta di uno degli esemplari di qualità migliore tra la produzione per la devozione privata del grande intagliatore bellunese. La donazione va a completare una delle collezioni pubbliche più ricche di opere di Andrea Brustolon, che comprende, già visibili nella sala 15 del museo, tre modelli in terracotta e il Crocifisso d’altare proveniente dalla chiesa di San Giuseppe.
Appartiene alle collezioni museali, inoltre, l’album completo di disegni di Brustolon: imprescindibile documento sul metodo di lavoro di progettazione dell’intagliatore. Alcuni fogli di questo album, che rivelano lo studio dedicato ad altari, crocifissi, anatomia umana e invenzioni allegoriche, sono qui eccezionalmente esposti a corredo della prima presentazione pubblica dell’opera donata. Palazzo Fulcis diviene così, insieme con il Museo del Settecento veneziano a Ca' Rezzonico, una delle tappe obbligate per la comprensione dell'arte di questo virtuoso maestro.
Rispetto ad altri esemplari pensati per gli altari delle chiese, come quello già nella chiesa di San Giuseppe a Belluno e ora esposto al secondo piano di Palazzo Fulcis, o al Calvario di Farra di Alpago, nasce per essere contemplato da vicino e per la meditazione devota di un singolo proprietario privato e della sua famiglia. Già nel 1833 Antonio Agosti lo aveva così descritto:
« Alto circa mezzo braccio, può dirsi un capolavoro del genere di finito intaglio per corretto disegno, per la molta espressione, e per la diligente indicazione dei muscoli e delle vene nelle più minuti parti del corpo. Nel suo piedestallo poi, per indicare la causa della morte dell'Uomo-Dio, figurò il mondo, e ai lati di esso la comun madre e la Morte, e al di sopra il Serpente tentatore »
Solo in tempi recentissimi è emerso lo straordinario basamento, in legno di bosso, descritto da Agosti, nel quale si possono in verità rintracciare, con invenzione barocca tipica della sensibilità bizzarra ed estrosa espressa a più riprese dal maestro, Eva, la Morte - rappresentata da uno scheletro purtroppo oggi mutilo del teschio - e il Mondo, sul quale si sviluppano le spire del serpente, vale a dire il Maligno.
Il Crocifisso, che fiorisce da questa base, diventa dunque parte di uno sviluppo quasi teatrale e narrativo, la vittoria sopra la morte e il peccato, trova la propria completa e icastica rappresentazione. Il globo è, oltre che creazione quanto mai originale, interessante testimonianza delle conoscenze geografiche del tempo.
L’opera va messa a confronto con altre prove nell’ambito dell’ebanisteria in piccolo formato, come il Crocifisso, già appartenuto a Valentino Panciera Besarel, o altro, più tardo, di collezione privata.
ANDREA BRUSTOLON
Andrea Brustolon nacque a Belluno nel 1662 da padre intagliatore. Suo primo maestro sarebbe però stato a Venezia il genovese (ma pratico di barocco romano) Filippo Parodi. Le sue prime commissioni sono ad ogni modo per le chiese dell’area dolomitica, a Zoldo (Altare delle anime a San Floriano; Altare a Mareson), a Belluno e a Feltre. Le sue doti di ebanista, tuttavia, lo rendono attivo e ricercato anche nella produzione d’arredo, per la quale le maggiori famiglie veneziane si contendono i servizi. I vari fornimenti per i Venier, i Pisani e i Correr, si datano entro lo scadere del XVII secolo e rappresentano tra i più alti traguardi dell’ebanisteria di ogni tempo, tanto da avergli fatto guadagnere nell’immaginario, la definizione di “Michelangelo del legno” espressa da Balzac. Brustolon riesce ad unire, a un impareggiabile abilità tecnica e a una capacità nel variare e giocare con le varie essenze lignee, una grande efficacia compositiva, un senso ancora pienamente ‘barocco’ per il meraviglioso, il movimento e il drammatico. A ciò si unisce un innato estro fantastico e bizzarro, nel Crocifisso Pagani-Cesa compiutamente rappresentato dall’insolito basamento.
Il maestro dovette avere una certa consuetudine con la famiglia. Un disegno di Osvaldo Monti, ad esempio, riproduce una delle due cornici, attribuite all’intagliatore, conservate presso la famiglia e ora non più rintracciabili.
oggi sciolti ma un tempo raccolti in album, proviene in gran parte dalla donazione di Antonio Agosti. Sono disegni che, in parte, rappresentano copie da originali famosi, sia pittorici sia scultorei; in parte sono progetti per opere del maestro: arredi, sculture, altari, cornici. Di grande interesse, la sequenza dei disegni legati al tema della Crocifissione, oggetto di meditazione a più riprese da parte dell’artista, non solo nella posizione del corpo di Cristo, ma anche nei singoli dettagli, come lo studio delle mani contratte nello spasimo del dolore. Tra i vari fogli esposti, di grande interesse è il numero di inventario 816, che sembra strettamente collegato all’invenzione del Crocifisso Pagani-Cesa. Il disegno è tuttavia in controparte rispetto alla redazione finale, circostanza che induce a pensare all’esistenza di un ulteriore stadio di progettazione, prima della traduzione nelle tre dimensioni della scultura.